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Passera: «Un piano da 50 miliardi per l'Italia»

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Giovedí 13 Novembre 2008

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Bastano queste tre regole? «Almeno per cominciare sì, bastano, anche perché il pericolo ora è anche quello di cadere nell'iperregolazione che lava le coscienze ma non risolve i problemi». E gli hedge fund vanno disciplinati o no? «Abbiamo sollevato il tema in tutte le sedi, ma i regolatori di quasi tutto il mondo hanno preferito lasciare crescere senza limiti questo settore in una totale assenza normativa». E il private equity? «Taluni eccessi ci sono stati, ma continuo a considerare il private equity uno strumento fondamentale. Del quale avremo bisogno durante la "ricostruzione"». E le regole Ias? «Molte sono del tutto condivisibili. Ci siamo però fatti male da soli considerando significativo e indiscutibile il valore di mercato anche quando il mercato è del tutto illiquido o addirittura assente.

Qui possiamo apprezzare un'altra delle amare lezioni della crisi. Un approccio miope e ideologico ha portato a pensare che il mercato avesse sempre ragione, che i valori espressi rappresentassero sempre i fondamentali, che il meccanismo di domanda e offerta tendesse sempre all'equilibrio, anche in assenza di regole e regolatori forti che evitino le bolle». Una visione "tremontiana", dopotutto. «Tra le lezioni che dobbiamo trarre spero ci sarà anche una valutazione più critica del "dogma" che il perseguimento degli interessi particolari porti naturalmente all'interesse generale. Il bene comune è una cosa seria di cui tutti devono sentirsi responsabili e la sufficienza di molti economisti sul tema non ha giovato a evitare tanti guai».

Scusi, Passera, ma nel suo manuale del buon banchiere c'è scritto anche che si deve salvare l'Alitalia, facendo più parti in commedia? «Non abbiamo svolto alcun ruolo improprio, forse, invece, stiamo contribuendo a dimostrare che con un po' di buona volontà si possono affrontare anche i problemi aziendali più spinosi, che per troppo tempo e per mancanza di coraggio sono stati lasciati marcire». La vostra soluzione, però, rispetto a quella di Air France, carica il contribuente italiano del debito della compagnia. «È proprio l'opposto: la soluzione Cai scarica dalle spalle del contribuente italiano una parte importante del debito della compagnia che finirebbe, invece, tutto sui conti pubblici se Alitalia fallisse definitivamente, con altri costi sociali ed economici abnormi.
Quando ci è stato chiesto di occuparci di Alitalia, in giugno, Air France aveva già abbandonato il campo da tempo e la responsabilità dell'abbandono va imputata a quelle stesse forze sindacali che oggi cercano di bloccare il progetto di Colaninno e Sabelli». Insomma, dovrà ammettere che il Governo Berlusconi su Alitalia ha fatto meglio del Governo Prodi? «Oggettivamente è così. Ha avuto il coraggio di mettere in liquidazione un'azienda che non meritava più di sperperare denaro pubblico. Ha svolto un ruolo molto deciso e costruttivo nelle trattative sindacali. Ha cercato e trovato soluzioni ai moltissimi problemi grandi e piccoli che continuano a emergere su un cammino veramente complicato».

Ma lei non è, non era di sinistra, Passera? «La nostra banca ha collaborato attivamente con tutti i Governi che si sono susseguiti in questi anni e così continuerà a fare. Fare sistema, fare da ponte tra privato e pubblico, tra impresa e Università, tra "profit" e "non profit" è parte della nostra identità e della nostra responsabilità». E lei andrebbe ancora a votare per le primarie del Pd? «Non ho partecipato alle primarie del Pd». Questa è una rivelazione. Bazoli la pensa come lei? «Con i miei due presidenti, Bazoli e Salza, abbiamo sempre condiviso ogni decisione che riguardasse la banca, le opinioni personali sono altra cosa, ma anche su quelle c'è grande comunanza di valori». Il sistema duale nella governance di Intesa Sanpaolo funziona? «È complesso, ma ha facilitato una integrazione molto veloce e consente controlli efficaci e pervasivi». E perché non ha funzionato in Mediobanca? «Non deve chiederlo a me». Questa crisi ha favorito migliori rapporti con Profumo? «Siamo colleghi e sui temi importanti ci siamo sempre confrontati in modo costruttivo. Ovviamente in questo periodo ci sentiamo ancora più spesso».

Passera, lei che si batte per Alitalia in mani italiane teme che Generali, vostro azionista, vada sotto controllo straniero? «Mi sembra che Generali abbia retto la crisi meglio di molti altri suoi concorrenti e le sue attuali dimensioni relative ne fanno un protagonista più che una preda». Il futuro di Mediobanca la preoccupa? "Il ruolo che svolge in Generali ne fa una società il cui futuro non può essere indifferente al sistema-Italia». E Telecom? «Sì, perché è il nostro investimento più deludente. Si cominciano a vedere segnali interessanti nella gestione, ma siamo certi che Bernabè ci porterà di altro e di meglio». Speriamo. E non soltanto per gli azionisti di Telecom… (f. de b.)

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